Sta facendo discutere negli Stati Uniti il caso dei "posti finestrino" senza finestrino venduti come tali da Delta Air Lines e United Airlines. Due class action, depositate il 19 agosto a New York e San Francisco, accusano le compagnie di aver applicato un supplemento per sedili etichettati come "window seat" a bordo di alcuni Boeing 737, 757 e Airbus A321, nonostante in quelle posizioni non fosse presente alcun oblò.
Secondo gli avvocati dei passeggeri - oltre due milioni gli utenti potenzialmente coinvolti - molti viaggiatori hanno pagato fino a 159 dollari convinti di ottenere un posto con vista esterna, utile per ridurre la paura di volare, intrattenere i bambini o semplicemente osservare il panorama. Una volta a bordo, però, si sono ritrovati di fianco a una parete cieca.
Le compagnie respingono le accuse: per United, il termine "window seat" indica soltanto la posizione laterale del sedile accanto alla fusoliera, senza che ciò implichi contrattualmente la presenza dell'oblò. Il contenzioso è ora nelle mani dei giudici.
La vicenda riguarda l'aviazione, ma solleva un tema che tocca sempre più da vicino anche il trasporto ferroviario. Su molti treni di nuova generazione - dai regionali all'alta velocità - la disposizione dei sedili non sempre coincide con i finestrini esterni, generando un numero crescente di posti "ciechi" o con visibilità ridotta. Le cause sono note: quasi sempre massimizzare il numero di posti a sedere con soluzioni progettuali che non possono garantire l'allineamento al finestrino per tutte le sedute, al contrario di quanto avveniva in passato.
In futuro, se le imprese ferroviarie proporranno sedili premium o a pagamento differenziato (vista, distanza dalle porte, spazio per le gambe), sarà fondamentale indicare con precisione quali posti godono effettivamente di un finestrino e quali no. Le controversie nate in ambito aeronautico potrebbero diventare un precedente utile anche per il settore ferroviario, soprattutto qualora la trasparenza nella scelta del posto non fosse totale.
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