Per il viaggio estivo 2017 ho scelto, restando fedele all'ormai consolidata tradizione degli itinerari circolari, un percorso che mi portasse a toccare anche due nazioni che, per vari motivi, in precedenza avevo sempre ingiustamente trascurato: il Belgio e i Paesi Bassi. Il tour, che ha preso avvio come sempre da Ferrara, la mia città, mi ha quindi condotto dapprima ad Anversa, nella regione belga di lingua fiamminga delle Fiandre, da dove ho poi proseguito per la città olandese di Utrecht, per spostarmi in seguito a Lubecca, nel Nord della Germania, e concludere infine il giro rientrando in Italia via Monaco di Baviera e Brennero.
La partenza è fissata per giovedì 17 agosto e il primo treno è il RV 2242 Bologna C.le - Venezia S. L. delle 17:53, che deve portarmi a Padova dove prenderò poi il Thello notturno per Parigi.
A Ferrara il termometro segna +35 °C, che per l'effetto dell'umidità sembrano ancora di più, ma in stazione non esiste un posto in cui rifugiarsi per sfuggire alla canicola in attesa del treno: non ci sono ambienti condizionati a disposizione dei viaggiatori, solo marciapiedi ferocemente assolati. Per fortuna il mio treno è puntuale e a Padova, addirittura, arriviamo con 3 minuti di anticipo. Ma anche qui, e lo sconcerto è ancora più forte vista la maggiore importanza della stazione, non esistono ambienti a libero accesso con aria condizionata. C'è il Frecciaclub, riservato ai clienti Freccia con titolo di viaggio per le classi business o executive, ma per i comuni mortali l'unica possibilità è il bar di stazione, dove però è poco carino bivaccare a lungo senza consumare. Peraltro - ma questo è un discorso a parte - ormai ovunque in Europa i passeggeri in possesso di biglietto per una cabina singola in carrozza letti hanno accesso alle lounge di stazione; non si capisce perché non sia così anche in Italia.
Al binario 3, dove sta per arrivare il Thello 220 Venezia S. L. - Paris L., non è semplice capire dove posizionarsi, dato che manca qualsiasi tipo di informazione sull'ubicazione delle vetture. Infatti, quando il treno arriva - in testa due E.402B, la prima in livrea Frecciabianca e la seconda, inattiva, nella nuova livrea IC - devo velocemente guadagnare la coda del convoglio. Mentre mi affretto lungo la banchina, con trolley al traino, vengo intercettato da un gigante di colore in giacca e cravatta, con una fascia al braccio che probabilmente lo individua come addetto alla sicurezza, che mi chiede in francese dove sto andando e vuole vedere il biglietto; segno dei tempi.
A bordo della vettura letti MU FS, dove ho prenotato una cabina singola normale, l'impressione non è delle migliori. Il letto è già aperto (non sono ancora le 20) ma non è fatto: il materasso è già coperto da una specie di coprimaterasso, che in realtà sarebbe il lenzuolo di sotto, e sopra di esso sono posizionati un pacco di plastica trasparente termosaldata contenente guanciale e piumino e il kit di cortesia, comprendente salviette, fazzolettini, tappi per le orecchie, mascherina oscurante, pianelle, spazzolino, dentifricio, saponetta e sacchetto igienico per signore. Un foglio stampato specifica che tutto il contenuto del pacco è stato sottoposto a trattamento igienizzante, così come il lenzuolo di sotto, che però, essendo estraneo al pacco sigillato e soprattutto già posizionato, non ispira la massima fiducia.
Le porte delle cabine non possiedono alcun sistema, come una serratura a chiave o a scheda, che permetta al passeggero di chiuderle e riaprirle dall'esterno in autonomia; se si desidera allontanarsi è necessario rivolgersi al conduttore, che chiude e poi riapre la porta mediante la chiave quadra. Un sistema che non offre certo il massimo delle garanzie, dato che la chiave quadra è purtroppo in dotazione anche a molti malintenzionati, oltre ad essere frequentemente offerta su noti siti Internet per le compravendite fra privati.
Alla salita a Padova la cabina è un forno. L'aria condizionata, niente più che un tenue refolo che emana dalla feritoia, è in funzione, ma solo all'interno, non in corridoio; poiché, però, come è la norma, le porte delle cabine i cui occupanti non si sono ancora presentati vengono tenute aperte, l'effetto è pressoché nullo.
Il conduttore mi consegna i coupon per il drink di benvenuto e per la colazione, ambedue serviti solo in carrozza ristorante e non in cabina, e mi avvisa che la polizia passerà nella notte per il controllo documenti: verso le 2 se a farlo sarà la polizia elvetica, intorno alle 4 se se ne occuperà la polizia francese. Fino a qualche tempo fa le verifiche avevano per oggetto solo i passaporti o le carte d'identità, preventivamente raccolti dal conduttore, e avvenivano senza svegliare i passeggeri; adesso invece, altro segno dei tempi, la polizia vuole vedere chi c'è nelle cabine.
In carrozza ristorante l'aria condizionata non funziona e la vettura è un crematorio in cui è assolutamente inimmaginabile trattenersi per cenare. Per il drink la scelta è tra un calice di Prosecco e un succo d'arancia caldo, fuori frigo; poiché non gradisco il primo, mi accontento mio malgrado del secondo e me la filo alla svelta, prima di liquefarmi.
Più tardi torno alla carrozza ristorante con l'intenzione di acquistare per cena qualcosa da consumare in cabina, dove nel frattempo la temperatura ha iniziato lentamente a scendere; ma, prima di ordinare, vedo esposte nel bancone a vetri le confezioni delle pietanze precotte, dall'aspetto che fa pensare ad una preparazione industriale a lunga scadenza per la conservazione a temperatura ambiente, visione che mi fa passare la voglia di cenare. Finisco quindi a letto senza cena, come i bambini cattivi, e forse è la giusta punizione per essermi ostinato a sperimentare, da convinto sostenitore del treno notturno, un servizio sul quale avevo già letto e ascoltato fin troppi pareri negativi.
A Milano Centrale, dove arriviamo con 3 minuti di ritardo, c'è il cambio trazione e quando la macchina viene "tagliata" l'aria condizionata si arresta fino all'aggancio, all'estremità opposta, della nuova locomotiva.
Durante la sosta sale un gruppo di selvaggi di lingua francese, con diversi bambini, e nonostante siano le 11 di sera e ci troviamo su una carrozza letti, per dieci minuti buoni la vettura 92 si trasforma in qualche cosa a metà fra un parco giochi e un mercato: urla di bambini e di adulti, corse nel corridoio, botte contro le pareti, tentativi di aprire dall'esterno la porta della mia cabina, persino tentativi di aprire la porta interna che serve a rendere comunicanti due cabine adiacenti. Ripartiamo poi da Milano alle 23:15, con 10 minuti di ritardo nonostante la lunga sosta di 23 minuti prevista dall'orario.
Se durante la serata il tormento era stato il caldo, nella notte si soffre per il freddo. Con la porta chiusa, quella che era parsa una bava d'aria fresca appena percettibile, lentamente ha trasformato la cabina in una ghiacciaia: la climatizzazione risulta ingovernabile, la manopola gira a vuoto senza alcun effetto, bisogna rifugiarsi sotto il piumino ma è una vera sofferenza.
Quando arrivano le ore piccole, finalmente le voci e i rumori degli incivili si spengono; però, fra il controllo di polizia alle 2:30 a Briga, i due ulteriori cambi trazione (a Domodossola e a Vallorbe) non proprio vellutati, le fermate relativamente ravvicinate, vari rumori molesti di origine indecifrabile e cicalini che si attivano per tutta la notte, prendere sonno per davvero è quasi impossibile: si fa, al massimo, qualche pisolino.
Quando arriva il momento di rinunciare definitivamente a dormire, intorno alle 7:30, siamo a Digione e realizzo che abbiamo accumulato circa tre quarti d'ora di ritardo, visto che ripartiamo alle 7:34 anziché alle 6:50. Fuori dal finestrino il cielo è coperto e grigio e sfila la campagna della Borgogna, caratterizzata da pascoli, da colture di mais e girasoli e da molti sili per granaglie.
La colazione, prima notizia buona di un viaggio assolutamente da dimenticare, è dignitosa: un croissant fresco e non decongelato, un discreto espresso, preparato da personale italiano, e un succo d'arancia di qualità, benché caldo come quello della sera precedente.
Frattanto la corsa verso la capitale francese continua ma, evidentemente, non ci sono le condizioni per recuperare interamente il ritardo accumulato, sicchè il viaggio si conclude presso il paraurti del binario N della Gare de Lyon alle 10:20, 25 minuti dopo l'orario previsto.
Con un veloce trasferimento via RER D raggiungo la Gare du Nord, dove mi aspetta il Thalys 9339 per Amsterdam che mi condurrà ad Anversa, prima tappa del mio viaggio.
La stazione pullula di militari e poliziotti che la pattugliano a coppie, con giubbotti antiproiettile e armi lunghe automatiche; l'atmosfera non invita ad estrarre la reflex, meglio limitarsi a qualche scatto con il cellulare, cui nessuno fa caso.
L'imbarco sui Thalys avviene da binari dedicati ed è preceduto da controlli di sicurezza di tipo aeronautico, con esame dei bagagli ai raggi X e passaggio dei viaggiatori sotto i metal detector a portale. La lunga fila che occorre affrontare, poco prima dei controlli si biforca e un addetto smista i passeggeri da una parte e dall'altra; chi viene indirizzato a destra passa i bagagli allo scanner e attraversa i metal detector, chi viene indirizzato a sinistra no. La selezione sembrerebbe casuale ma alla sua base deve esserci invece un criterio, benché non di immediata evidenza.
Il mio treno è composto da due complessi TGV PBA ("Paris - Bruxelles - Amsterdam") accoppiati, uno dei quali limitato a Bruxelles, che si separeranno nella capitale belga; il TGV che proseguirà per Amsterdam è quello in testa e, oltre tutto, il mio posto è sulla vettura 18, in testa assoluta, quindi devo percorrere quasi 400 m per raggiungerlo. Fuori dalla tettoia il cielo grigio sparge sulla stazione una pioviggine dal sapore autunnale; il sole cocente e i 35 gradi della sera precedente, in Italia, sembrano lontanissimi...
A bordo del TGV PBA 4533 la seconda classe risulta discretamente spaziosa anche per i passeggeri di statura superiore alla media, mentre il rivestimento integrale dei sedili in velluto e la moquette contribuiscono a creare una buona sensazione di comfort, seppure in un ambiente di gusto ormai un po' rétro rispetto alle più recenti tendenze in fatto di allestimenti. La pulizia sembra abbastanza buona.
Partiamo in perfetto orario, con il treno quasi al completo. La periferia di Parigi sfila via rapidamente e in breve siamo in corsa a 300 km/h sulla LGV (Ligne à Grande Vitesse) Nord, in un grigiore e in una foschia novembrini.
Alle 13:20 il consueto sms del mio operatore telefonico mi avvisa che siamo entrati in Belgio. Adesso i nuvoloni scuri che sovrastano il paesaggio sono così bassi, sopra i campi ondulati della Vallonia e sopra le case coloniche di mattoni rossi con gli alti tetti dagli spioventi fortemente inclinati, che sembra di poterli toccare alzando un braccio. Un quarto d'ora più tardi il rallentamento a 150 km/h annuncia la fine della linea ad alta velocità e l'approssimarsi della capitale belga, dove approdiamo, sotto la pioggia, alle 13.45. Lasciamo Bruxelles Midi alle 13:52, puntuali, attraversando poi tutto il nodo, con le stazioni Centrale e Nord, prima di tornare a correre nella campagna a 130 - 150 km/h, per giungere infine alla grande e spettacolare stazione Centrale di Anversa alle 14:30, come previsto dall'orario.
Nella principale città delle Fiandre, scelta fra le "due stelle" belghe della Guida TCI in alternativa a Bruxelles nella speranza che fosse un po' più lontana della capitale dai problemi di terrorismo emersi nei mesi precedenti l'organizzazione del viaggio, la sosta prevista è di tre notti. Nei due giorni e mezzo a disposizione per la visita, dedico il mio tempo a quelli, fra i principali luoghi di interesse, che più attraggono la mia attenzione: la cattedrale gotica di Nostra Signora, la chiesa barocca di San Carlo Borromeo, il MAS (Museum aan de Stroom) e l'interessante museo della Red Star Line. Purtroppo il ricco Museo Reale di Belle Arti, senza dubbio fra le prime cose da visitare ad Anversa, è chiuso per lavori fino a settembre del 2019.
Lunedì 21 agosto è previsto il trasferimento a Utrecht, nei Paesi Bassi. La scelta, anziché sul più veloce e diretto percorso via Rotterdam, è caduta sull'itinerario via Roosendaal - 's-Hertogenbosch, più lento (due ore e mezza contro un'ora e mezza) e con due cambi invece di uno solo, ma con il pregio, per l'appassionato di trasporti, di includere linee che difficilmente si avrebbe l'occasione di percorrere in un contesto di turismo più convenzionale.
Partenza da Antwerpen Centraal alle 11:47, in ritardo di 2 minuti, con l'IC 9231 Bruxelles Midi - Amsterdam Centraal delle 11:45, che mi porterà fino a Roosendaal. Il treno, affidato a una locomotiva elettrica SNCB gruppo 28 (una TRAXX F140 MS) e composto da vetture NS tipo ICRm, coetanee delle nostre Medie Distanze, è piuttosto affollato e così, visto che non c'è la prenotazione del posto e che sarebbe poco agevole muoversi con il bagaglio al seguito per cercare una poltrona libera, decido di accomodarmi direttamente nel vestibolo dove sono salito, arredato con ben sette strapuntini, più che accettabili per un viaggio di poco più di venti minuti. Il veloce trasferimento senza fermate intermedie, attraverso un territorio a vocazione prevalentemente agricola, caratterizzato soprattutto da campi di mais, di foraggio e da numerosi allevamenti bovini, si conclude a Roosendaal alle 12:11, in anticipo di un minuto. Qui, l'attesa di circa tre quarti d'ora della coincidenza per 's-Hertogenbosch mi dà il tempo per fare comodamente il biglietto e riesco pure ad approfittarne per scattare qualche foto ai materiali in sosta in buona luce.
Alle 12:57, in orario, riparto a bordo dell'IC 3646 Roosendaal - Zwolle, disimpegnato da un elettrotreno a due piani gruppo 7600, sotto un sole che si è fatto già più pallido. Mi accompagnano lungo il percorso, che tocca le importanti località di Breda e Tilburg, i consueti pascoli, i campi a foraggio e i diffusissimi allevamenti bovini; si notano, inoltre, l'elevatissimo numero di passaggi a livello e i numerosi ciclisti. Colpisce il fatto che anche nelle stazioni minori siano presenti sterminati e gremitissimi parcheggi per le biciclette, segno di una grande affezione sia all'uso delle due ruote sia a quello del treno.
A 's-Hertogenbosch la coincidenza di soli cinque minuti, che in Italia nessuno mai azzarderebbe, funziona perfettamente, ed eccomi quindi passare velocemente a bordo dell'IC 846 Maastricht - Alkmaar, effettuato da un elettrotreno a due piani gruppo 8600. Il treno è, anche in questo caso, piuttosto affollato, e i problemi che ci si ritrova ad affrontare quando si viaggia con bagagli sono gli stessi che riscontro ogni giorno in Italia sui Vivalto: l'estrema scomodità delle scale, alcuni passaggi molto angusti, la mancanza di bagagliere al piano superiore, dove l'unico spazio disponibile è quello tra gli schienali dei sedili, inadatto a valigie di grandi dimensioni, ed in più anche la presenza di porte interne a battente ad apertura manuale.
Il breve viaggio, poco meno di mezz'ora per una cinquantina di chilometri senza fermate intermedie, scorre via veloce fra le onnipresenti vacche al pascolo, le tenute agricole e gli ordinati villaggi di case basse di mattoni a vista, per concludersi a Utrecht Centraal alle 14:21, in perfetto orario.
A Utrecht, città universitaria di fama internazionale con un centro storico di grande pregio, la sosta prevista è sempre di 3 notti, sufficienti per la visita dei principali luoghi di interesse: i pittoreschi canali, il Duomo (Domkerk), la Torre del Duomo (Domtoren), la chiesa di San Pietro (Pieterskerk) e il Museo Ferroviario. Mi resterà anche il tempo, come vedremo, per un'escursione ad Amersfoort.
Dedicati il pomeriggio del lunedì e la successiva mattinata alla visita della città, ho riservato il martedì pomeriggio alla visita del Museo Ferroviario (Spoorwegmuseum), che ha sede nella ex stazione di Utrecht Maliebaan, chiusa nel 1939. Il fabbricato viaggiatori, perfettamente restaurato, ospita l'ingresso, la biglietteria (ubicata nei locali già della biglietteria della stazione), il ristorante, le sale d'attesa, una riambientazione degli arredi originali della sala reale proveniente dalla non più esistente stazione di Den Haag Staatsspoor e i servizi. All'esterno invece, su un piazzale completamente riorganizzato rispetto all'epoca in cui la stazione era aperta al traffico, troviamo alcuni binari con rotabili esposti all'aperto, il marciapiede al quale si attestano i servizi ferroviari regolari tuttora in funzione da e per Utrecht Centraal, una cabina scambi, un serbatoio dell'acqua e una piattaforma girevole provenienti da altre stazioni e, soprattutto, un'ampia area coperta e chiusa, suddivisa in vari padiglioni, all'interno della quale trovano posto altri rotabili ancora, oltre a diversi percorsi tematici e interattivi. Non mancano, ovviamente, un punto di ristoro e un negozio in cui acquistare articoli a tema.
L'appassionato di ferrovia si accorge subito che l'approccio proposto dal Museo è pensato principalmente per il grande pubblico e ha un carattere essenzialmente divulgativo, con una particolare attenzione al coinvolgimento dei più piccoli; non di meno, la visita è senz'altro raccomandabile anche ai cultori, per l'indubbio valore e interesse della collezione esposta.
Mercoledì 23 agosto è il giorno prescelto, viste anche le incoraggianti previsioni meteorologiche, per l'escursione alla vicina città di Amersfoort, allo scopo di visitarne il centro storico di impianto medievale, di grande valore, e di fare qualche foto ai treni sulla trafficata tratta di ingresso alla stazione da Est, ove convergono le importanti linee da Leeuwarden e Groninga e dalla Germania, attraverso il valico di frontiera di Bad Bentheim.
Il giorno successivo, giovedì 24 agosto, è tempo di rimettersi in marcia verso l'ultima tappa del viaggio, Lubecca, nel Nord della Germania, distante circa 550 chilometri e 6 ore di treno.
La scelta, tra le varie possibilità esistenti in termini di percorso e tipologia di treni, è caduta sull'itinerario via Amersfoort, Bad Bentheim, Osnabrück, Brema e Amburgo, con tre cambi e quattro treni utilizzati.
Si parte da Utrecht Centraal alle 11:18, in orario, con l'IC 637 Rotterdam - Leeuwarden, composto da due complessi ICM gruppo 4000 dall'estetica iconica e inconfondibile, per la prima breve tratta fino ad Amersfoort. L'ambiente di prima classe, molto pulito, è allestito in parte a salone, nella classica configurazione 2+1 con corridoio centrale, e in parte a scompartimenti, che costituiscono la zona silenzio. Curiosamente, nella zona a salone le prese elettriche sono ubicate in alto dalla parte dei finestrini; per servirsene sono quindi necessari caricabatterie con cavi adeguatamente lunghi e anche l'effetto estetico delle "calate" che viene a crearsi non è proprio il massimo.
Ad Amersfoort, raggiunta in 14 minuti senza fermate intermedie, avrei un quarto d'ora di attesa della coincidenza ma il treno che mi porterà fino a Osnabrück, l'IC 145 Amsterdam Centraal - Berlin Ostbahnhof, è annunciato con 5 minuti di ritardo. Poco male, per le statistiche di Trenitalia sarebbe considerato puntuale...
Quando il treno arriva, interamente composto da carrozze tedesche e trainato da una locomotiva elettrica olandese gruppo 1700, salgo a bordo della vettura di prima classe Avmmz106 ubicata in coda assoluta e - tutto il mondo è paese - trovo il mio posto già occupato da una signora tedesca un po' avanti con gli anni, che non parla una parola di inglese e rimane completamente muta, e immobile come una statua, al mio tentativo di spiegare la situazione. Per fortuna nello scompartimento c'è una poltrona vuota, dove posso accomodarmi in attesa che anche quella venga rivendicata dal legittimo occupante, ciò che infatti accade poco dopo; la persona appena sopraggiunta, che parla tedesco e inglese, riesce a spiegare alla signora che i posti sono tutti prenotati e, finalmente, il pasticcio si risolve. Solo per quanto riguarda i posti, però, perché il mio scompartimento è l'unico della vettura in cui la climatizzazione non funziona; purtroppo non c'è la possibilità di spostarsi altrove, meno male che la temperatura esterna non supera i 20 °C e il cielo è coperto, se picchiasse il sole sarebbe molto peggio.
Il comfort dello scompartimento, spazioso e arredato con ampie e comode poltrone rivestite in pelle, risulta sensibilmente penalizzato dalla presenza del grande tavolo centrale fisso, assente in origine, che occupa lo spazio che in precedenza consentiva ad ogni passeggero di entrare e uscire senza far alzare nessun altro, privilegio adesso riservato agli occupanti dei soli due posti lato corridoio. La ritirata, che non manco mai di visitare per constatarne le condizioni, è in ordine e rifornita di tutto.
Fuori dal finestrino sfila, con una certa monotonia, la medesima campagna piatta che mi ha accompagnato da Anversa a Utrecht, con le consuete coltivazioni di mais e foraggio, qui con la comparsa di campi di soia, e con i soliti bovini al pascolo.
A Bad Bentheim, stazione di confine tra la rete ferroviaria olandese e quella tedesca, c'è il cambio trazione e la 1761 NS lascia il posto a una 101 DB; pur dalla mia posizione molto defilata, in coda assoluta, affacciandomi alla porta riesco a intravedere da lontano l'avvicendarsi delle due macchine (ma non a fotografarlo; per riuscirci avrei dovuto portarmi in testa per tempo, attraversando tutto il treno e lasciando fra l'altro i bagagli incustoditi per parecchi minuti durante la fermata in stazione).
A Osnabrück, dove arriviamo in orario alle 14:06, scendo per passare, dopo 17 minuti, all'IC 2226 Passau Hbf - Hamburg-Altona delle 14:17, partito dalla cittadina bavarese al confine con l'Austria 9 ore prima.
Anche in questo caso - record negativo - il posto assegnatomi è su una vettura Avmmz106 con climatizzazione fuori uso; poiché, però, questo treno ha una carrozza di prima classe in più rispetto al precedente e un minore affollamento, riesco a trovare un posto libero in zona fresca. Il treno corre verso Amburgo sotto un cielo che nel frattempo si è fatto pesante e promette pioggia, e prima della fermata di Brema ne approfitto per visitare la vettura BordBistro. L'intenzione sarebbe quella di accomodarmi in sala e ordinare un piatto caldo, ma non ci sono posti liberi ai tavoli e anche al banco c'è la fila per ordinare; opto quindi per un sandwich e una birra da consumare nello scompartimento. Il treno si mantiene in orario per tutto il viaggio e alle 16:13, puntuali, ci arrestiamo al binario 12 di Hamburg Hbf. Da qui, per raggiungere Lubecca, proseguo con il RE 21474 Hamburg Hbf - Lübeck Hbf delle 16:34, formato da una composizione di moderne carrozze a due piani trainate da una locomotiva elettrica DB gruppo 112. La prima classe, ubicata al piano superiore di due vetture miste, è spaziosa e pulita.
Man mano che ci allontaniamo dalla grande città portuale passiamo dall'ambiente urbano alla periferia residenziale, per poi addentrarci, lasciando il Land di Amburgo ed entrando nello Schleswig-Holstein, in un paesaggio collinare e prettamente agreste, caratterizzato da fattorie, vaste coltivazioni di cereali e macchie boscose. Alle 17:18, in anticipo di 2 minuti, siamo a destino.
Anche a Lubecca ho previsto di soggiornare per 3 notti, in modo da avere il tempo di visitare comodamente la città e di fare una breve escursione alla località balneare di Travemünde, sul Mar Baltico, una vecchia curiosità che ho finalmente l'occasione di soddisfare.
Lubecca, principale città della Lega Anseatica, un tempo fiorentissimo centro di commercio marittimo, conobbe l'apice della propria importanza e della propria ricchezza nei secoli XV e XVI. Oggi merita di essere visitata per il suo splendido centro storico, Patrimonio dell'Umanità UNESCO pur dopo le estese ricostruzioni seguite alla devastazione subita durante la Seconda guerra mondiale; la notte della domenica delle Palme del 1942, infatti, la città fu oggetto - come Dresda, di cui ho parlato nell'articolo sul viaggio in Germania del 2016, vedi Racconti di viaggio del 01/02/2017 - di un pesantissimo bombardamento incendiario da parte della RAF britannica che, mediante una tempesta di fuoco intenzionalmente provocata, distrusse o danneggiò gravemente l'80 per centro della città medievale. Nel tempo a mia disposizione ho scelto di visitare la Marienkirche, la St. Jakobi Kirche, lo Heiligen-Geist-Hospital e la Katharinenkirche, senza tralasciare un'estesa esplorazione pedonale della Innenstadt, il centro storico che occupa l'isola fra i due rami della Trave, per avere una visione d'insieme e per toccare, pur senza visitarne l'interno, diversi altri luoghi d'interesse della città.
Sabato 26 agosto è la giornata designata per la gita a Travemünde, ovviamente in treno.
La partenza da Lübeck Hbf è alle 11:01 con il RE 21412 Hamburg Hbf - Lübeck-Travemünde Strand, composto dalle abituali cinque vetture a due piani trainate da una locomotiva elettrica DB gruppo 112, materiale previsto per tutti i treni regionali su questa direttrice. La distanza da percorrere è pari a circa venti chilometri, coperti - secondo l'orario - in 24 minuti effettuando cinque fermate intermedie. Il treno, essendo un bel sabato soleggiato di fine estate, è molto frequentato.
La breve linea segue per i primi chilometri le ultime anse della Trave, poi taglia verso l'interno, per puntare più direttamente verso le installazioni portuali e la zona balneare. Oltre ai numerosi passaggi a livello, si notano, in particolare nella penultima stazione (Lübeck-Travemünde Hafen) e in quella terminale (Lübeck-Travemünde Strand), i segni di un passato in cui il traffico e la frequentazione della linea erano evidentemente più importanti rispetto ad oggi, visibili nei fabbricati di stazione imponenti e stilisticamente ricercati, nei binari di stazione soppressi e nei relativi marciapiedi abbandonati, invasi dalle sterpaglie e con le pensiline private della copertura.
La cittadina, di aspetto molto moderno benché sia da oltre due secoli un'affermata località turistica, possiede un'ampia spiaggia sabbiosa a forma di mezzaluna, attrezzata con i caratteristici Strandkorbe e fiancheggiata da una lunga passeggiata, e una zona, in posizione più arretrata rispetto all'arenile ed in prossimità del porto turistico, ricca di negozi, hotel e ristoranti. Un paio di chilometri all'interno, lungo il corso della Trave, si trovano il porto commerciale e l'attracco delle navi traghetto.
Esaurita in un paio d'ore la visita, che non aveva particolari aspettative se non quella di vedere di persona un luogo che mi incuriosiva e confrontarne l'atmosfera con quella dei "mari del Sud" ai quali siamo abituati noi mediterranei, faccio ritorno a Lubecca con il primo treno utile, il RE 21423 Lübeck-Travemünde Strand - Hamburg Hbf delle 14:34, identico a quello dell'andata.
Domenica 27 agosto inizia il lungo viaggio di rientro in Italia, che per comodità, avendo il tempo per farlo, ho scelto di spezzare in due tappe, con l'inserimento di un pernottamento "tecnico" a Monaco di Baviera.
Per raggiungere Amburgo, dove salirò su un ICE per Monaco, utilizzo il RE 21413 delle 10:08, che ha la stessa composizione del treno Amburgo - Lubecca preso all'andata: vetture Doppelstock spinte da una locomotiva elettrica DB 112. Il viaggio, della durata di 43 minuti, si svolge nel pieno rispetto dell'orario, lasciando quindi intatto il margine di 10 minuti a mia disposizione per la coincidenza con l'ICE 587 Hamburg-Altona - München Hbf, che mi porterà, in circa 6 ore e un quarto, nel capoluogo bavarese.
Salito a bordo del treno, l'ICE-2 "Zwickau", scopro con estremo disappunto che tutta la strategia messa in campo al momento della prenotazione, in mancanza di uno strumento chiaro per la scelta del posto che sarebbe invece ora che DB mettesse a disposizione dei propri clienti, non è servita a nulla: la mia poltrona è "vista montante" e, per di più, contromarcia. Cominciamo male...
Lasciamo la grande tettoia in acciaio e vetro della città anseatica alle 11:06, con 5 minuti di ritardo, poi fino a Hamburg-Harburg, al margine meridionale dell'area metropolitana, non superiamo i 140 km/h; da qui in avanti la linea ammette velocità massime più alte e progressivamente acceleriamo fino a 200 km/h. All'arrivo a Hannover, alle 12:22, il ritardo è ridotto ad un paio di minuti, ma i display di bordo visualizzano l'avviso, senza ulteriori dettagli, che oggi la partenza è prevista alle 12:41, con un quarto d'ora di ritardo. Un annuncio vocale attraverso l'interfono fa probabilmente chiarezza sul punto, ma è solo in tedesco; è abbastanza logico supporre, però, che il perditempo sia dovuto all'attesa dell'ICE 537 da Oldenburg Hbf, anch'esso evidentemente in ritardo, che qui deve fondersi col nostro treno, unitamente al quale proseguirà in doppia composizione fino a Monaco come ICE 587. Ripartiamo alle 12:46, con un ritardo ora lievitato a ben 20 minuti. La velocità sale abbastanza rapidamente fino a 250 km/h, massima ammessa in servizio commerciale per i treni ICE-2, ma dopo appena una decina di minuti già scende a 180 km/h, per poi diminuire ulteriormente fino a toccare un minimo di 110 km/h e stabilizzarsi infine a 160 km/h, benché la linea consenta di viaggiare a 250 km/h fino alle porte di Gottinga. Da Northeim a Gottinga la linea ad alta velocità viaggia affiancata alla linea tradizionale da Hannover. Tra Gottinga e Kassel, appena 20 minuti di percorrenza, non superiamo mai i 170 km/h, e infatti all'arrivo a Kassel-Wilhelmshöhe, alle 13:51, siamo indietro di ben 27 minuti sulla tabella di marcia. Effettuata la brevissima fermata, in appena 4 minuti siamo di nuovo a 200 km/h per poi portarci gradualmente alla velocità di crociera di 250 km/h, che manteniamo quasi costantemente fino a Fulda e poi anche da qui a Würzburg, dove termina la linea ad alta velocità e il nostro ritardo si è ridotto a 22 minuti. Da Würzburg a Monaco viaggeremo su linea tradizionale, via Ansbach - Donauwörth - Augusta, riqualificata fra Donauwörth e Monaco per velocità massime fra 200 e 230 km/h; la prima parte, però, ha il sapore della ferrovia classica, specialmente i primi 25 chilometri, che vedono la ferrovia seguire da presso il corso del Meno, con il suo traffico fluviale di chiatte e il treno che se la prende comoda fra i 100 e i 130 km/h. Dopo Donauwörth, dove il nostro ritardo si è assottigliato di ulteriori 9 minuti, arriviamo a toccare di nuovo i 200 km/h, nonostante la vicina fermata di Augusta, distante circa 40 chilometri, non consenta di mantenerli a lungo. All'arrivo ad Augusta, alle 16:38, abbiamo recuperato un altro minuto ma di nuovo l'interfono diffonde un annuncio, solo in tedesco, e di nuovo ripartiamo in forte ritardo, questa volta 34 minuti (all'arrivo erano solo 12). Grazie alla linea veloce, che permette di correre a 230 km/h fino alla periferia di Monaco, recuperiamo qualcosa e, nonostante la fermata di München-Pasing, ci attestiamo al paraurti di München Hbf alle 17:29, anziché alle 17:01, dopo un viaggio di 6 ore e 23 minuti.
La mattina seguente, lunedì 28 agosto, salgo di nuovo in treno per la seconda parte del viaggio di rientro alla base. Mi presento a München Hbf con un po' di anticipo rispetto all'orario di partenza del mio treno, l'EC 87 München Hbf - Venezia S.L., perché spero di trovare in stazione una libreria con un buon assortimento di pubblicazioni a tema ferroviario, come a Lipsia e a Dresda nel 2016, ma purtroppo, inspiegabilmente, nelle librerie della stazione centrale di Monaco il settore dedicato ai trasporti su rotaia è... da libreria italiana, cioè pari a zero o quasi. Pazienza.
Alle 11:48, con un ritardo di 14 minuti già in partenza, l'EC 87, composto dalle canoniche 9 vetture austriache (ÖBB) - sei di seconda classe, una ristorante, una mista di bagagliaio e prima classe e una di prima classe - al traino di una locomotiva elettrica Taurus gruppo 1216 appartenente alla medesima impresa ferroviaria, si muove sotto la pioggia alla volta della città lagunare. Il mio scompartimento, nella vettura di prima classe ubicata in coda assoluta, è spazioso e comodo, con le sue sole quattro poltrone (anziché sei) rivestite in pelle nera e alternate ai due pratici ripiani di servizio, uno per parte.
Dopo Grafing, lasciata l'area metropolitana di Monaco, il paesaggio si converte stabilmente da urbano ad agreste, con i campi che si alternano a fitte macchie boscose, mentre nel cielo fa capolino tra le nubi un timido sole. Fra München Ostbahnhof e Rosenheim la linea permette per quasi tutta la tratta una velocità massima di 160 km/h e infatti, grazie a qualche puntata al limite, a Rosenheim abbiamo già recuperato un paio di minuti. Da qui in avanti i rilievi iniziano ad alzarsi e il territorio assume rapidamente una marcata connotazione alpina, ma la linea è ancora abbastanza veloce, dato che corre nella valle dell'Inn, ampia e non particolarmente tortuosa; infatti, tra Rosenheim e Kufstein ci manteniamo quasi costantemente fra i 130 e i 140 km/h, senza perdere altro tempo. Adesso siamo in territorio austriaco. Lasciando Wörgl, con un ritardo che si è adesso ridotto a 10 minuti, incrociamo l'EC 163 Transalpin Zürich HB - Graz Hbf , che ha in composizione una delle famose vetture panoramiche delle Ferrovie Svizzere (FFS). Tra Wörgl e Jenbach viaggiamo sulla linea storica, a velocità variabili tra 100 e 140 km/h, con un'unica breve puntata a 160 km/h; tra Jenbach e Innsbruck, invece, l'EC 87 è instradato attraverso il lungo tunnel della Neue Unterinntalbahn, all'interno del quale il GPS risulta schermato e mi è dunque impossibile rilevare la velocità effettiva, molto probabilmente vicina per gran parte del percorso al valore massimo di 200 km/h ammesso per il nostro treno.
Superato il capoluogo tirolese inizia la lenta salita verso Brennero. Per mezz'ora si serpeggia a 55-60 km/h lungo il corso della Sill, in mezzo ai boschi, in un paesaggio e in un'atmosfera che tra sette o otto anni, quando la Galleria di Base del Brennero entrerà in esercizio, spariranno dagli occhi dei viaggiatori dei treni internazionali a lunga percorrenza, sostituiti dai venti minuti di tenebre del tunnel, per restare appannaggio dei soli viaggiatori locali che si sposteranno tra l'Alto Adige e il Tirolo austriaco utilizzando i treni regionali. Poco oltre il caratteristico tornante di St. Jodok, molto noto agli appassionati di fotografia ferroviaria di tutta Europa, incrociamo un'autostrada viaggiante in discesa, in doppia trazione di locomotive ÖBB 1116; più avanti, poco prima di Brennero, ci viene incontro sul binario pari anche l'EC 80 Verona P.N. - München Hbf.
Grazie al tratto veloce fra Jenbach e Innsbruck e ai margini di recupero previsti dalla traccia oraria sulla linea di valico, all'arrivo alla stazione di confine, alle 14:06, il nostro ritardo si è ridotto ad appena 6 minuti; poiché, inoltre, da qualche anno gli EC tra Monaco di Baviera e l'Italia sono trainati dalle ÖBB 1216 lungo l'intero percorso e dunque non è più necessario il cambio trazione, riusciamo addirittura a ripartire in orario, alle 14:14.
La lunga discesa di circa novanta chilometri fino a Bolzano, un po' più veloce della salita da Innsbruck, si percorre per buona parte a 70-80 km/h e vede, purtroppo, la presenza diffusa delle obbrobriose barriere antirumore, quasi assenti sul versante austriaco. Tra Vipiteno e Fortezza faccio visita alla carrozza ristorante con l'intenzione di sedermi a tavola per gustare l'ottimo gulasch di Henry am Zug ma purtroppo, ancora una volta, trovo la vettura con l'aria condizionata inattiva, quindi desisto (volevo concedermi un piccolo piacere, non mezz'ora di sofferenza) e mi accontento di tornare al mio scompartimento con una birra in bottiglia da bere al posto.
A Fortezza siamo in orario, dopo Bressanone si "vola" addirittura a 110 km/h fino a Bolzano; oltrepassato il capoluogo altoatesino la linea acquista, dal punto di vista planoaltimetrico, caratteristiche vicine a quelle di una ferrovia di pianura, con velocità massima di 140-150 km/h. Una fermata alla protezione di Mezzocorona e un successivo rallentamento ci procurano una decina di minuti di ritardo a Trento, mantenuti poi pressoché interamente fino a Vicenza e ridotti a 8 solo all'arrivo a Padova alle 17:50, dove termina la mia permanenza a bordo.
Nella città del Santo mi aspetta una coincidenza non larghissima con il RV 2245 Venezia S. L. - Bologna C.le delle 18:10; vista la mia provenienza da una direttrice trafficata e con un treno a lungo percorso avevo messo serenamente in conto l'eventualità di finire sul treno successivo, che invece non si è verificata.
Da Padova a Ferrara il viaggio sul Vivalto, che si svolge interamente in orario, coincide con la storia quotidiana dei pendolari che ogni giorno fanno avanti e indietro fra i centri minori lungo la linea, in particolare Rovigo e Ferrara, e il capoluogo patavino: i Colli Euganei, la pianura, i campi coltivati, i tanti capannoni dell'operoso Nord-Est, l'Adige, il Po e, finalmente, l'arrivo nella città estense, dove l'itinerario si conclude dopo 11 giorni e circa 3 800 chilometri attraverso 7 nazioni.
Ottima l'impressione circa il servizio ferroviario, e il trasporto pubblico in generale, in Belgio e nei Paesi Bassi: qualità in generale piuttosto elevata, sia in termini di frequenza delle corse sia in termini di adeguatezza e condizioni dei mezzi e delle stazioni, a fronte di tariffe del 60-70% più alte rispetto a quelle italiane ma in linea con la proporzione fra le retribuzioni medie locali e quelle del nostro Paese. Non posso dire la stessa cosa, invece, né dell'esperienza con Thello, nel mio caso davvero terrificante (per quanto sia chiaro che un solo viaggio non faccia statistica e non permetta di trarre conclusioni assolute), né dei viaggi sui treni a lungo percorso tedeschi e austriaci, che ancora una volta, e quindi decisamente troppo spesso negli ultimi anni, hanno mostrato una inaccettabile frequenza di problemi con l'aria condizionata e, in più occasioni, una puntualità non all'altezza della fama, ormai forse un po' usurpata, di cui tuttora godono.
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