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Approfondimenti









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da Approfondimenti del 06 novembre 1999

La ferrovia Napoli - Portici

di Eleuterio Vallini

Era il 3 ottobre 1839 quando nasceva in Italia la prima ferrovia. Da quella data sono passati poco più di 160 anni e per festeggiare nel nostro piccolo questa ricorrenza, "dimenticata" dalle nostre ferrovie, abbiamo deciso di proporvelo sotto forma di "speciale".

Quando il 25 gennaio 1836, l'Ingegner Armando Giuseppe Bayard de le Vingrtie, titolare insieme ai fratelli di una piccola società francese che costruiva ponti, richiese a Ferdinando II Sovrano del Regno delle due Sicilie, la concessione per la costruzione di una Strada di ferro da Napoli a Nocera, non era a conoscenza di quello che si sarebbe poi sviluppato nel tempo.

Certo l'entusiasmo in quel momento era grande, visto che già in altri paesi europei evoluti, il nuovo mezzo di comunicazione aveva da qualche anno cominciato a macinare i primi chilometri.
A Napoli le notizie erano arrivate un po' in ritardo, un po' ammaestrate dalla stampa controllata dalla Polizia, comunque se ne parlava e re Ferdinando, definito dagli storici dell'epoca "uomo rozzo ma illuminato" non si lasciò scappare questa occasione.

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1. La statua di Ferdinando II, esposta all'interno del Museo di Pietrarsa. (Foto Ciro Vitiello, 6 ottobre 1999)

Allora il treno era usato soprattutto per il trasporto di materiali minerari a supporto della nascente industria e raramente si vedeva qualche veicolo per il trasporto di persone.
Ma cosa voleva trasportare il Bayard con la sua ferrovia e perché era venuto proprio a Napoli?
Risposte certe agli interrogativi non ve ne sono; possiamo solo ritenere che la Strada di ferro da costruirsi doveva raggiungere nei programmi Nocera e quindi si ritiene che si intendesse trasportare in città soprattutto derrate alimentari provenienti dall'agro Nocerino-Sarnese. Inoltre era prevista una diramazione per Castellammare, già allora nota stazione termale, per cui compare la possibilità di un fiorente trasporto passeggeri. Tuttavia non è da escludere che alla base non vi fosse altro che una grande operazione commerciale approfittando del basso costo della mano d'opera a Napoli e dei ventilati grossi profitti che si sarebbero potuti ottenere.

La decisione non fu facile poiché già allora, vi era chi vedeva nel nuovo mezzo di trasporto un veicolo per la diffusione di idee sovversive e turbative dell'ordine costituito; bisognava poi tener conto anche dell'opposizione dei carrettieri (i nonni dei moderni autotrasportatori) che mal sopportavano l'invasione dello straniero nel loro mercato.

Avuta comunque la concessione il 5 ottobre 1836, il nostro ingegnere si mise subito al lavoro, fondò una società a Parigi, raccolse i fondi, esproprio i terreni ed in poco più di due anni, approfittando anche della ragione di pubblica utilità che gli permetteva di risparmiare le tasse sul materiale importato, posò i binari, costruendo a Portici la prima stazione intermedia.

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2. La stazione di Portici 160 anni dopo lo storico viaggio inaugurale, con la ferrovia stretta tra il mare ed il paese. (Foto Ciro Vitiello, 3 ottobre 1999)

A Napoli la stazione terminale venne localizzata appena fuori le mura aragonesi non molto lontano da piazza del Mercato, centro di trasporti con la provincia e fu collegata al resto della città da due linee di Omnibus a cavalli. Oggi al corso Garibaldi (all'epoca Via dei Fossi) della vecchia stazione non resta altro che un muro di cinta e una finestra con grata che poteva essere lo sportello della biglietteria.

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3. Ciò che rimane oggi della prima stazione ferroviaria italiana di Napoli, ubicata al corso Garibaldi (ex via dei Fossi). (Foto Eleuterio Vallini, 24 ottobre 1999)

Purtroppo, causa lo spostamento della stazione di Napoli Centrale, il percorso originario dei binari, non è più rintracciabile nella parte iniziale, ma di certo dal chilometro 3 dell'attuale linea Napoli - Battipaglia si respira aria di Bayard cominciando all'incrocio con la statale 18 "Tirrena Inferiore", sottopassata con un doppio ponte ad arco in muratura risalente all'epoca della costruzione della linea da cui il nomignolo di "Ponte dei Francesi".

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4. Il "Ponte dei Francesi" come si presenta oggi, con la E.652.162 in testa al Diretto 2419. Questo fu il primo ponte ferroviario italiano, fatto costruire da Bayard, per evitare l'attraversamento a raso della ferrovia con la statale "Tirrena Inferiore". (Foto Ciro Vitiello, 9 maggio 1998)

La linea proseguiva attraverso la zona di Vigliena (oggi località San Giovanni), passava per la zona di Pietrarsa (ove sarebbero sorte poi le officine di materiale bellico e ferroviario) e sempre costeggiando il mare giungeva in località Granatello di Portici.
Come ci ricordano le cronache dell'epoca, il 3 ottobre 1839, verso mezzogiorno, un colpo di cannone ordinava la partenza del primo treno dalla stazione di Napoli diretto a Portici, ivi giunse dopo 9 minuti e si arrestò sotto il padiglione reale ove era Sua Maestà che, accompagnato dall'ingegner Bayard salì nella vettura Reale posta a centro del treno; il treno giunse poi al Granatello ove si svolse la cerimonia inaugurale seguita a breve distanza dal viaggio di ritorno in Napoli.

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5. Il quadro del 1839 di Salvatore Fergola che riproduce l'arrivo al Granatello del treno inaugurale Napoli-Portici. L'originale si trova presso il Museo di San Martino di Napoli.

Il primo treno era trainato da una locomotiva con tender tipo Patentée, a tre assi liberi di cui uno motore di potenza pari a 65 CV (probabilmente la "Vesuvio" o la "Longridge", seguite a poca distanza di tempo dalla "Bayard" che fece la sua comparsa a Napoli il giorno 1 dicembre 1839); il materiale rotabile prevedeva oltre alla berlina Reale, vetture di varie classi fino alla terza tutte comunque costruite su telai di legno e somiglianti alle diligenze del tempo con le ruote trasformate per poter correre sulle guide di ferro.

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6. La Bayard con uno "char-a-bancs" (carro a panche), durante la manovra per il rientro nel Museo, di ritorno dall'esposizione in Svizzera. Notare l'assenza del camino, asportato temporaneamente per consentire il trasporto della locomotiva su di un carro pianale. (Foto Ciro Vitiello, 31 dicembre 1997)

Da ricordare infine lo char-a-bancs (carro a panche) aperto e traballante che originò nella parlata napoletana il nomignolo di sciaraballo appioppato successivamente a tutti i veicoli che presentano una caratteristica di marcia traballante e irregolare, nonché la vettura mista-bagagliaio che, per le battute di caccia di Sua Maestà, era dotato di scomparti con porte traforate per il trasporto dei cani.

Fin qui la cronaca, quello che avvenne dopo appartiene alla storia delle nostre ferrovie; la difficoltà di gestione, i movimenti popolari contro la ferrovia fomentati anche dai trasportatori, gli investimenti ai passaggi a livello fecero parte della cronaca di allora, come oggi.
La società di Bayard non ebbe un gran successo commerciale, tuttavia riuscì in varie tappe a realizzare il suo programma e portare i binari fino a Nocera e Castellammare di Stabia, il traffico commerciale non si sviluppò eccessivamente, ma dobbiamo riconoscere che il germoglio posato a Napoli, diventò ben presto un albero e in pochi anni si affiancarono alla Napoli - Portici altri tronchi da cui ha poi avuta origine la nostra rete ferroviaria.

Eleuterio Vallini - 06 novembre 1999

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