Tra le locomotive a vapore esposte nel Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa, di cui si è ampiamente descritto nel passo precedente, spicca la famosa "BAYARD" alla quale spesso è stato attribuito il traino del convoglio reale dalla stazione del Carmine, presso Porta Nolana, al Granatello di Portici, il lontano 3 Ottobre 1839, data del viaggio inaugurale.
In realtà, come riferito già nell'articolo dedicato alla ferrovia Napoli - Portici (Approfondimenti del 06/11/1999), il primo convoglio fu trainato da una locomotiva ben diversa esteriormente dalla Bayard, che reca chiaramente la denominazione "Vesuvio", come si può notare dal grande dipinto di Salvatore Fergola, artista della scuola di Posillipo, esposto nel Museo di S. Martino in Napoli.
Di questa locomotiva non furono mai ritrovati i disegni di fabbrica; fu così che nel 1939, in occasione del primo centenario, le Officine di Firenze decisero di riprodurre la Bayard, costruita da Longridge di Newcastle e di farle percorrere il primo tratta di linea tra festeggiamenti e liete fanfare.
Malgrado la scarsa considerazione iniziale che il pur abile statista Camillo Benso Conte di Cavour nutriva per questo mezzo di trasporto rivoluzionario (egli ne aveva previsto il declino e la totale scomparsa in tempi brevissimi), il treno subì nel corso degli anni sempre maggiori modifiche e migliorie.
Lo stesso Cavour dovette, in tempi altrettanto brevi, ricredersi, divenendo anzi sostenitore dei vantaggi che una ferrovia avrebbe apportato, anche in termini economici, al Paese.
In poco tempo, dalle locomotive a legna quindi si passò all'uso del carbone che, sviluppando più calorie, permetteva una produzione di vapore più rapida e continua.
Negli anni a seguire, grazie alle esperienze compiute dall'ingegnere tedesco Wilhelm Schmidt e dal consigliere tecnico delle Ferrovie Prussiane Robert Garbe sull'adozione del surriscaldatore di vapore, anche in Italia le macchine ebbero un ulteriore miglioramento delle prestazioni. Il sistema di distribuzione messo a punto dal belga Egide Walschaerts nel 1844, fu largamente impiegato su gran parte delle locomotive in Italia come all'estero. Anche il nostro Paese si pregiò di validi studiosi di problemi legati alla trazione ferroviaria, quali gli ingegneri Caprotti e Crosti i cui nomi sono indelebilmente impressi nella storia del vapore.
Negli anni 1906 - 1907 si tentò di sperimentare il motore a vapore su mezzi idonei al trasporto viaggiatori, dando origine alla nascita delle automotrici, classificate nella fattispecie ALv.
Tali esperimenti, che non diedero esito soddisfacente, furono ben presto abbandonati e in luogo del motore si preferì applicare a tali mezzi il motore a combustione interna.
Già nel 1906 le ditte FIAT e DIATTO realizzarono una sorta di automotrice propulsa dal motore a benzina, che fu presentata col nome di "Giardiniera" all'Esposizione Internazionale di Milano e fatta circolare su di un tracciato interno costituito da un armamento tipo "Decauville".
Dovette però trascorrere circa un ventennio perché gli studi sull'applicazione del motore termico a combustione interna fossero ripresi. Dal 1925 iniziò l'epopea delle automotrici leggere, a cura di industrie che già possedevano una discreta esperienza nel campo della propulsione, quali FIAT, BREDA, OM.
In questo turbine di sperimentazioni e progetti accantonati, poi ripresi e perfezionati, l'Italia diventò teatro di una svariata gamma di mezzi, alcuni dei quali destinati a rimanere nella storia, sia per le soluzioni tecniche innovative su di essi adottate, sia per il contesto storico nel quale fecero la loro comparsa.
Nel periodo in cui si attuavano gli esperimenti con le automotrici termiche, già da alcuni anni, all'estero, si studiava la trazione elettrica. In Gran Bretagna nel 1842 fu costruita una locomotiva elettrica sperimentale capace di una velocità di 6 km/h, ma i primi tentativi di un certo interesse sono da riferirsi agli anni tra il 1870 e il 1880, quando, in Germania, i fratelli Siemens si impegnavano nello studio specifico della trazione di mezzi mossi da un motore alimentato elettricamente.
Mentre all'estero erano ormai di moda le realizzazioni di macchine di questo tipo, in Italia si prendevano in seria considerazione le alternative a vapore, che era comunque largamente impiegato in tutta la penisola. Nel 1890 nacque la prima linea italiana esercitata con trazione elettrica: la tramvia Firenze - Fiesole. Il viaggio inaugurale fu funestato da un incidente causato dalla scarsa familiarità del conducente con le apparecchiature elettriche, peraltro ancora molto grossolane e poco sicure in termini antinfortunistici, ma ciò non incise sugli sviluppi futuri, tant'è che nel 1900 in Italia erano in funzione già 200 chilometri di tramvie elettrificate.
Le ferrovie erano perciò le più interessate al tipo di trazione e l'8 febbraio del 1899 per la Società Mediterranea, sulla Milano - Monza fecero la loro prima apparizione le automotrici ad accumulatori.
Il 1 maggio del 1901 per la Società Adriatica il servizio fu istituito anche sulla Bologna - San Felice. Diversi inconvenienti di natura tecnica e meccanica decretarono la fine degli esperimenti né le neo costituite Ferrovie Italiane dello Stato (1905) diedero seguito ad essi. Ma quella elettrica restava comunque l'alternativa più interessante agli altri tipi di trazione sino ad allora studiati ed applicati; si diede origine così ad un gran numero di realizzazioni rappresentate da automotrici e locomotive a 650 Volt alimentate dalla terza rotaia. Tra queste meritano menzione le elettromotrici E10 ed E20, costruite tra il 1901 e il 1904 e le locomotive gruppo E.320/321, rispettivamente realizzate il 1913 e il 1921.
Altri esperimenti furono estesi alla corrente trifase a 3.400 Volt e 12 Hz. Grazie alle esperienze portate avanti dalla ditta GANZ di Budapest, il 15 ottobre 1902, sulle linee della Valtellina si tennero i primi esperimenti con il nuovo sistema di trazione.
Da quell'epoca in poi, iniziò un periodo di prevalenza della corrente trifase, soprattutto sulle linee di valico e comunque prevalentemente al nord della Penisola con realizzazioni di un certo rilievo quali le locomotive dei gruppi E.333, E.551, E.554, E.431, E.432.
Nel 1927, per i problemi derivanti dall'uso della corrente trifase a 3.400/ 3.600 Volt a frequenza 16,7 Hz (frequenza ferroviaria), fu sperimentato il sistema a frequenza industriale 45 Hz alla tensione di 10.000 Volt.
La linea Roma - Sulmona fu teatro di questi esperimenti con l'esercizio di grandi locomotive trifasi: le E.472 (1925), le E.470 (1927) e le E.570 queste ultime realizzate nel 1927 dalla TIBB.
I risultati, seppure non particolarmente lusinghieri, fecero si che il sistema restasse in esercizio fino al secondo conflitto Mondiale, che ne distrusse gli impianti. Nel 1928 si tirarono le somme per definire l'opportunità di una scelta del tipo di alimentazione più vantaggioso e il compito non fu facile: il trifase necessitava di sottostazioni estremamente semplici in quanto costituite sostanzialmente da trasformatori statici facilmente installabili in luoghi aperti. Si aveva inoltre un elevato rendimento con grosse potenze erogate dal materiale trainante a velocità pressoché costanti. I locomotori trifase sfruttando le forti discese, potevano effettuare la frenatura elettrica a recupero di energia; a questi pregi però, si contrapponevano le complicate linee di alimentazione e di contatto che dovevano necessariamente essere bifilari con conseguenze immaginabili in prossimità dei deviatoi.
Altra difficoltà era presentata dall'ottenere, con motori asincroni trifase, varie velocità di regime e potenze costanti, quindi con motori non troppo veloci che funzionassero ad una frequenza diversa da quella industriale utilizzata ormai quasi dovunque.
Per la trazione in corrente continua, si presentavano le difficoltà costruttive di complesse sottostazioni elettriche, nelle quali doveva avvenire la conversione della tensione da alternata a continua oltre l'abbassamento della stessa, e dei motori, specie per quanto atteneva all'isolamento. Inoltre si presentava l'impossibilità di recuperare energia nelle discese, essendo le macchine di conversione non reversibili. Ma, a vantaggio della corrente continua, deponevano la semplicità della linea di contatto e l'enorme flessibilità di marcia offerta dai motori capaci di gamme di velocità praticamente illimitate tra lo zero e il massimo dalle caratteristiche costruttive. Con l'avvento dei raddrizzatori a vapori di mercurio, la conversione da alternata a continua della corrente, fu facilitata, così, mentre per la trazione trifase permanevano e non ebbero soluzione gli svantaggi, gli inconvenienti originati dalla corrente continua, potevano considerarsi superati. Il primo raddrizzatore a vapori di mercurio fu messo in esercizio nella sottostazione elettrica di Apice sulla Benevento - Foggia nel 1928 con risultati favorevoli a tal punto da determinare, da parte delle FS, la decisione di adottare la continua su tutta la fascia centro-meridionale della Penisola. Parallelamente all'elettrificazione a 3.000 Volt corrente continua, furono progettate le prime locomotive atte a funzionare con questo sistema di alimentazione. Nacquerò così le longeve E.625/626, adatte a treni viaggiatori e merci su linee con forti pendenze, che furono dapprima sperimentate e successivamente introdotte in servizio proprio sulla tortuosa linea Caserta-Foggia.
Seguirono negli anni successivi le E.326, idonee al traino di treni rapidi in pianura ed ancora le imponenti E.428 dalle enormi ruote motrici e costruite in tre serie diverse, cui furono dedicati forti composizioni di rapidi, su linee pianeggianti. Completavano il parco trazione dell'epoca le "piccole" E.424 dal 1943 specializzate nei servizi locali con molte fermate ma non disdegnate anche per il servizio merci a corto raggio.
Malgrado gli ingenti danni provocati dai bombardamenti nella II Guerra Mondiale agli impianti, (nel periodo della ricostruzione si dovette ricorrere ampiamente all'impiego di locomotive a vapore e di automotrici termiche) i due sistemi di alimentazione elettrica convissero ancora per molto tempo, sino a che a metà anni '70 fu definitivamente abbandonato il sistema trifase a favore della corrente continua.
Sul fronte dei rotabili con motore termico, dopo innumerevoli esperimenti fatti con il gasogeno, con il metano e con la benzina, il motore Diesel fu adottato (e lo è tuttora) su tutti i mezzi, migliorandone le prestazioni grazie all'adozione del Turbo-intercooler e della sovralimentazione.
Le applicazioni del Diesel sono state quindi estese a quasi tutti i tipi di mezzi da manovra; tuttavia per questi servizi hanno operato anche locomotive elettriche caratterizzate dal poter funzionare da sole o accoppiate ad una sorta di tender motorizzato privo di cabina di guida, costituenti i gruppi E.321/322 realizzati tra il 1960 ed il 1964, alcune sul telaio delle vaporiere gruppo 835 ed E.323/324, costruite tra il 1966 e il 1971.
Col passare degli anni anche le locomotive Diesel da treno hanno subito un miglioramento, adottando il motore Diesel-elettrico capace di sviluppare maggiori potenze.
Il tortuoso aspetto orografico della Penisola, in seguito, impose la progettazione e la realizzazione oltre che di imponenti opere d'arte, di locomotori di grande potenza, ad aderenza totale e con cassa articolata, il che rappresentò la soluzione ottimale alle difficoltà presentate dagli stretti raggi di curvatura di alcune linee. Apparvero così le locomotive del gruppo E.636, su alcune delle quali sono stati poi effettuati degli esperimenti quali l'installazione di un cavo a 78 poli per la guida in telecomando, il reostato di frenatura tipo Fusani (082) lo schema di coloritura unificato grigio perla-blu (080) o nuove cabine di guida tipo E.656 (284).
Seguirono le locomotive dei gruppi E.645, E.646 (modificate negli anni '80 ed attrezzate per la guida in telecomando mediante cavo a 78 poli e avviatore automatico) ed E.656 "Caimano". Il successo ottenute da queste ultime, portò alla realizzazione di ben tre serie (suddivise in altrettante sottoserie) l'ultima delle quali dotata di centralina elettronica per il controllo e la gestione dei circuiti di comando e blocco.
Ciascun mezzo dunque, fu progettato e costruito secondo le esigenze che doveva soddisfare, in base alle caratteristiche delle linee per le quali era destinato e per i servizi previsti.
Altre locomotive realizzate tra il 1967 e il 1975, rappresentarono un valido banco prova per sperimentazioni, come l'impiego del chopper sulla E.444.005 "Tartaruga", unità appartenente al gruppo più moderno prima dell'avvento delle E.656.
Per anni la "Tartaruga" fu la locomotiva più veloce del parco trazione FS e a sua volta "prestò" il suo sistema di azionamento allo "zatterone" di una macchina mai realizzata, la E.666 dall'inconsueto rodiggio Co'Co', ma che fu l'avvio per la nascita di moderne locomotive elettroniche come le E.632/633 "Tigre" ed E.652, evoluzione potenziata delle prime due.
L'avvento dell'elettronica di potenza, apportò il definitivo assetto tecnologico dei moderni mezzi di trazione quali le attualissime locomotive elettroniche E.402, E.402B, E.412 e gli elettrotreni dell'ultima generazione ETR 460, 480, 500 e 500 politensione.
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