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Approfondimenti









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da Approfondimenti del 03 marzo 1997

Immagini da Piacenza

di Alessandro Manfredi

Una domenica come tante: la mattina in casa, tranquilla come sempre, senza il rumore del traffico che sale dalla strada. Mattina in collegamento su internet a visitare i siti delle compagnie ferroviarie americane col loro universo di cartine, grafici, fotografie e comunicati commerciali. Alle 12.30 la telefonata di un amico che mi chiede un passaggio in auto perché la sua non parte. Sono le 13.45 quando esco di casa, a duecento metri dalla stazione: dò uno sguardo, il solito, abitudinario, al parcheggio che costeggia i binari per Voghera.

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1. Foto Alessandro Manfredi, 12 gennaio 1997

C'è un mezzo dei vigili del fuoco coi lampeggianti in funzione ma nessuno intorno: "avrà preso fuoco una vettura", penso. Non sento rumori, il freddo è pungente e i finestrini della mia AX sono rigorosamente abbassati. Lungo la via emilia un'ambulanza corre a sirene spiegate ma né io né il mio passeggero ci facciamo caso: volontari della Croce Rossa Italiana entrambi, da quasi dieci anni, non ci chiediamo più cosa può essere successo quando transitano in urgenza.

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2. Foto Alessandro Manfredi, 12 gennaio 1997

Piozzano, il paese al quale siamo diretti, è a 30 minuti dalla città e non è ancora raggiunto dal sistema di telefonia cellulare, ma chi può telefonarmi la domenica, in questo giorno di sole dove tutti sono fuori, alla partita, al cinema o a godere delle amenità dispensate dalla tv di stato o commerciale? Il mio passeggero è arrivato, aveva una ragazza che lo aspettava; declino l'invito per un caffé, ho un impegno che mi attende al mio arrivo a casa.

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3. Foto Alessandro Manfredi, 12 gennaio 1997

All'improvviso, fatti pochi chilometri, suona il telefono: faticosamente, data la posizione in cui mi trovo, una voce sintetizzata m'informa che nella mia segreteria ci sono dieci messaggi: dieci messaggi, mai successo neppure quando, partito senza carica batterie, il mio "telefonino" è rimasto spento per una settimana. Pochi minuti a velocità sostenuta bastano per pormi in una condizione di ricezione agevole e interrogare la segreteria: tutti i messaggi hanno lo stesso contenuto, un Pendolino è deragliato a Piacenza. Telefonano amici macchinisti, un amico capo deposito di Firenze che mi chiede di andare a fare quante più foto è possibile: di colpo, la tranquillità della campagna ancora coperta di neve e il riverbero della luce del sole non esistono più: posso solo correre ma è difficile perché la provincia piacentina, la domenica, è battuta da quelli che l'auto la usano solo nei giorni di festa. Non ho sirena né lampeggianti blu, come nei turni di servizio, e li rimpiango.

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4. Foto Alessandro Manfredi, 12 gennaio 1997

Finalmente, alle 14:30, sono sul posto: il parcheggio è gremito di persone; c'è nebbia, adesso, proprio nell'area in cui dovrebbe essere avvenuto lo svio, ma già da lì si può vedere qualcosa. Da lontano quel Pendolino non sembra un treno: è coricato, vedo solo alcune vetture, ma a chi sosta per guardare appare solo il loro tetto quasi a nascondere, per pudore, il dolore che custodisce al suo interno.

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5. Foto Alessandro Manfredi, 12 gennaio 1997

I miei colleghi hanno lavorato bene: la macchina dei soccorsi ha già portato via tutti i feriti, gravi e meno gravi, nessuno dei curiosi commenta, ci sono sguardi sperduti e io decido di entrare passando per il deposito senza sapere come, perché non ho in tasca nulla che possa qualificarmi come avente diritto a entrare nella zona soccorsi, lo potrei fare solo sulla parola: collaboratore fotografico di una rivista di treni. Alcuni amici ferrovieri, all'ingresso ormai presidiato da "polizia e carabinieri che ti guardano severi" come nella canzone di Lucio Dalla, mi lasciano passare e raggiungo così la zona, non rimare che stare vicino ai fotografi dei quotidiani, della questura, della scientifica, dei Carabinieri. Si lavora anche qui, ma in modo diverso.

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6. Foto Alessandro Manfredi, 12 gennaio 1997

Intanto, giornalisti privi di qualsiasi cognizione ferroviaria già da un'ora proclamano, dall'alto dei loro troni, che l'errore è senz'altro umano. Più tardi, onorevoli pontificheranno che "non è possibile far viaggiare un treno a 250 km orari senza gli opportuni controlli": non sanno neanche cos'è un fascicolo orario, gli onorevoli, in vita loro non hanno mai visto (né guarderanno mai) le loro fiancate e probabilmente, per loro, il blocco automatico a correnti codificate è una definizione emersa da chissà quale X-File.

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7. Foto Alessandro Manfredi, 12 gennaio 1997

Sono muti, gli uomini che lavorano qui: quando parlano non li senti perché guardi il binario piegato, la BAC del 460 aperta che ricorda un enorme coccodrillo rimasto immobile in uno sbadiglio. Non si impreca attorno a questo gioiello tecnologico, lo si fa quando è in ritardo. Dolore di uomini in divisa per dei loro colleghi che non ci sono più, freddezza in quelli che devono cercare qualcuno ancora vivo o brandelli di corpi perché il nervosismo una persona, in queste occasioni, non se lo può permettere. Non puoi avere spazio per alcun sentimento al di fuori del controllo dei tuoi gesti.

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8. Foto Alessandro Manfredi, 12 gennaio 1997

Un capo impianto parla di incidente assurdo, i ferrovieri inveiscono contro l'ipotesi dell'errore umano, la nebbia si dirada. Intanto arrivano i camion dei network televisivi: volti noti di cronisti, i tecnici montano le parabole per le trasmissioni in bassa frequenza: terminato lo show degli imbonitori domenicali, l'italiano potrà finalmente sapere e inorridire con faccia di circostanza perché, questo è il punto, nessuno ha un dolore sincero per chi soffre e non conosce.


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9. Foto Alessandro Manfredi, 12 gennaio 1997

So già che domani si parlerà di treno o di curva assassina, titoli assurdi come le relative discussioni, ci saranno polemiche false, ignorando i morti sulle strade, l'alta velocità sarà messa in discussione: ma sì, restiamo con i 16.000 km di linee dell'ottocento, il treno non è sicuro, deturpiamo l'ambiente con la variante del tratto appenninico tra Bologna e Firenze. Sorgeranno dei nuovi bravi che diranno "quest'alta velocità non s'ha da fare".

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10. Foto Alessandro Manfredi, 12 gennaio 1997

La BAC di coda è intatta e lucida sui binari, ha attiva la segnalazione e a stento riesco a capire che là, un centinaio di metri più avanti, due macchinisti di Roma, passati la sera prima con l'ETR 500 e conoscitori esperti di linee difficili, si sono congedati dalla vita. A San Lorenzo, l'ho imparato oggi, non cadono solo le stelle. E' scesa la sera, adesso: i militari del Genio Pontieri sono lì, con le loro potenti fotoelettriche, le televisioni trasmettono i nuovi servizi, domani l'italiano sarà inondato di documentari sull'AV e lo sciacallaggio di notizie è già cominciato, la disinformazione vola su ali d'aquila, le terminologie non esistono. Scatole nere, verdi, di "zona tachigrafica" neanche a parlarne. Semafori anziché "segnali luminosi", il pendolino diventa l'ETR 500 e che ne dite della velocità? Tutti hanno visto la "zona" e nessuno al tempo stesso: 90, 92, 100, 150, 162. "Tra un po' scommetterà qualcuno", penso: e infatti in molti hanno giocato al Lotto. Avranno vinto? Non lo so, non mi interessa.

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11. Foto Alessandro Manfredi, 12 gennaio 1997

L'unico dato è che, ammesso che la velocità sia stata eccessiva, non esiste un abbattimento di codice che intervenga a frenare il treno se si avvicina oltre la velocità consentita prima di quella curva da affrontare, a seconda dei diversi ranghi, a 80, 85, 90, 105. Il pendolino, nel tratto tra Casalpusterlengo e Piacenza, avrebbe dovuto tenere queste velocità: 180 - 200 - 195 da ridurre a 140 in corrispondenza del cippo chilometrico 150 per finire, al termine del ponte sul Po km 147,624, a 105. Molte storie di uomini ignoti si sono intrecciate in questo giorno iniziato come tanti, vite sconosciute si sono spente assieme.

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12. Foto Alessandro Manfredi, 12 gennaio 1997

Oggi, 16 gennaio, il mio amico di Firenze, messaggio in segreteria numero 3, transita per Piacenza: guida anche lui ma è nel turno degli ETR 500 che, come tutti gli altri treni (la circolazione è già stata attivata sul binario dispari), quando passa vicino al relitto del pendolino, transita ai 20 all'ora e fischia a lungo, più in un lamento che per un segnale agli agenti che lavorano. L'ETR 460 è ormai avvolto nel suo enorme sudario, vettura per vettura. Pare che la motrice sarà ricostruita come l'aereo caduto al largo di Ustica, ma sono voci. E' bello l'ETR 500 che passa: da sempre stargli vicino mi incute rispetto. Guardo verso i macchinisti. Dal finestrino, lato secondo agente, una hostess lancia un mazzo di fiori. Ha gli occhi arrossati.

Alessandro Manfredi - 03 marzo 1997

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